Sia nel giudizio penale che nel giudizio civile il
giudice può dover risolvere particolari problemi tecnici che esigono l’apporto
di un competente specifico denominato rispettivamente perito e consulente
tecnico d’ufficio.
Perizia in materia penale.
Il giudice si avvale del perito per il rilievo e la valutazione di elementi
attinenti il processo penale; la perizia non è un mezzo di prova vincolante per
il giudice, ma rappresenta un’indagine sussidiaria diretta ad illustrare il
valore di una prova.
La perizia è ammessa quando occorre svolgere indagini o acquisire dati o
valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, scientifiche o
artistiche (art. 222 n.c.p.p.), è disposta d’ufficio dal giudice con ordinanza
motivata (224), sia durante le indagini preliminari che in fase di dibattimento
(220, 508), scegliendo il perito fra gli iscritti negli appositi albi (art. 67
e ss. norme di attuazione n.c.p.p.) o tra persone fornite di particolare
competenza. In caso di indagini particolarmente complesse possono essere
incaricate più persone.
Il perito ha l’obbligo di prestare il suo ufficio salvo astenersi per le
circostanze previste dall’art. 36 (221).
Disposta la perizia il pubblico ministero e le parti private hanno facoltà di
nominare propri consulenti tecnici (225).
Il conferimento dell’incarico da parte del giudice avviene in base all’art. 226
n.c.p.p., mediante la richiesta delle generalità, l’ammonimento sulle
condizioni di incompatibilità e ricusazione del perito ed il giuramento; in
questa fase il giudice formula i quesiti, sentiti il perito, i consulenti
tecnici, il pubblico ministero ed i difensori presenti (art. 76 norme di
attuazione del n.c.p.p.).
Il giudice fissa la data, non oltre i 90 giorni, entro la quale il perito dovrà
rispondere ai quesiti, salvo proroga di 30 in 30 giorni fino al massimo di 6
mesi complessivi (art. 227 n.c.p.p.).
Il perito indica il giorno, l’ora ed il luogo in cui inizierà le operazioni
peritali e il giudice ne fa dare atto nel verbale (art. 221).
Per la risoluzione dei quesiti il perito può essere autorizzato dal giudice a
prendere visione degli atti, dei documenti e delle cose prodotte dalle parti,
ad assistere all’esame delle parti ed all’assunzione delle prove, nonchè
chiedere notizie all’imputato, alla persona offesa o ad altre persone (228
n.c.p.p.).
Quando non sia disposta la perizia le parti possono ugualmente nominare dei
consulenti tecnici che esporranno al giudice il loro parere presentando
eventualmente memorie scritte (233 n.c.p.p.).
La perizia medica può compiersi su una persona vivente, su un cadavere, su
materiali biologici, su oggetti vari oppure soltanto sugli atti processuali.
Possono essere necessari sia accertamenti di laboratorio che specialistici.
La relazione peritale consta di tre parti: 1) la descrizione delle
circostanze del fatto sul quale verte l’indagine; 2) l’esposizione particolareggiata
ed obiettiva delle indagini compiute; 3) il giudizio valutativo motivato
in base ai dati di fatto rilevati e descritti, comprensivo sia delle
conclusioni medico-legali che della risposta ai quesiti.
Oltre alla sostituzione sono previste delle sanzioni disciplinari contro il
perito che non osserva le disposizioni date dal giudice o è negligente
nell’adempimento dell’ufficio (grave ritardo nel deposito della perizia) (70
n.c.p.p.). Il perito può andare incontro a sanzioni penali quando ottiene
l’esenzione dall’obbligo di comparire o di prestare il suo ufficio con mezzi
fraudolenti (art. 366 c.p.) o quando renda una falsa perizia che oltre alla
condanna importa sia l’interdizione dai pubblici uffici che l’interdizione
dalla professione.
Le perizie più frequenti in ambito civilistico sono quelle riguardanti la
responsabilità professionale, l’infortunistica privata, le assicurative e previdenziale
( INPS, INAIL, mobbing, etc.).
In ambito penale sono quelle riguardanti le cause di morte e di lesioni
personali.